Rischio nullità per le fideiussioni rilasciate in favore delle banche

Rischio nullità per le fideiussioni rilasciate in favore delle banche

Le fideiussioni stipulate a favore di istituti di credito che riproducono le clausole dello schema contrattuale predisposto dall’ABI in violazione del diritto della concorrenza sono a rischio nullità.
fideiussione

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Il caso
Con l’ordinanza n. 29810 del 17 dicembre 2017 la Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione ha cassato con rinvio una sentenza della Corte d’Appello di Venezia, con cui era stata respinta la declaratoria di nullità di un contratto di fideiussione omnibus per violazione della normativa antitrust.
La lite sottoposta alla Corte d’Appello di Venezia, quale giudice in unico grado ai sensi dell’art. 33 L. n. 287/1990, verteva su di un contratto di fideiussione omnibus sottoscritto da persona fisica nei confronti di una banca. Il fideiussore argomentava la nullità del contratto in base alla violazione della legge 287/1990, in quanto, alcune pattuizioni contrattuali della fideiussione erano il frutto dell’intesa raggiunta, “a monte” in capo ad un’associazione di categoria (Associazione Bancaria Italiana - ABI) che avrebbe precluso il normale gioco competitivo nella ripartizione delle responsabilità tra le parti contrattuali.
Le doglianze dell’attore (fideiussore) poggiavano sul provvedimento n. 55 del 2 maggio 2005 della Banca d’Italia che era stata chiamata ad esprimersi sulla compatibilità con il diritto della concorrenza delle condizioni generali di contratto predisposte dall’ABI, in qualità di autorità garante della concorrenza tra istituti creditizi, funzione che ha esercitato fino al 12 gennaio 2006. Tale provvedimento aveva stabilito che le clausole in questione, qualora oggetto di adozione uniforme da parte delle banche italiane in applicazione di una decisione di un’associazione di imprese, avrebbero comportato la violazione della normativa antitrust, e pertanto ordinava all’ABI di emendarle.
La Corte di Appello di Venezia respingeva le richieste attoree, ritenendo di carattere regolamentare e non sanzionatorio il provvedimento n. 55/2005 di Banca d’Italia e per tanto non applicabile alla fideiussione oggetto del giudizio, perché questa era stata stipulata prima (qualche mese) dell’adozione dello stesso.
La Corte di Cassazione evidenziando che l’esistenza della violazione del diritto della concorrenza non dipende dal provvedimento dell’autorità di accertamento della stessa, che è ontologicamente successivo, ha cassato la sentenza del giudice veneziano con rinvio alla stesso per un nuovo esame della controversia alla luce del seguente principio di diritto:
“in tema di accertamento dell’esistenza di intese anticoncorrenziali vietate dalla L. n. 287 del 1990, art. 2, la stipulazione "a valle" di contratti o negozi che costituiscano l’applicazione di quelle intese illecite concluse "a monte" (nella specie: relative alle norme bancarie uniformi ABI in materia di contratti di fideiussione, in quanto contenenti clausole contrarie a norme imperative) comprendono anche i contratti stipulati anteriormente all’accertamento dell’intesa da parte dell’Autorità indipendente preposta alla regolazione o al controllo di quel mercato (nella specie, per quello bancario, la Banca d’Italia, con le funzioni di Autorità garante della concorrenza tra istituti creditizi, ai sensi della L. n. 287 del 1990, artt. 14 e 20, (…)) a condizione che quell’intesa sia stata posta in essere materialmente prima del negozio denunciato come nullo, considerato anche che rientrano sotto quella disciplina anticoncorrenziale tutte le vicende successive del rapporto che costituiscano la realizzazione di profili di distorsione della concorrenza.”

Il commento
Il provvedimento della Suprema Corte interessa le fideiussioni che riproducono le clausole dello schema contrattuale predisposto dall’ABI censurate dalla Banca d’Italia, ovvero:
•L’art. 2 dello schema (noto anche come “clausola di reviviscenza”) che dichiarava il fideiussore tenuto “a rimborsare alla banca le somme che dalla banca stessa fossero state incassate in pagamento di obbligazioni garantite e che dovessero essere restituite a seguito di annullamento, inefficacia o revoca dei pagamenti stessi, o per qualsiasi altro motivo”.
•L’art. 6 dello schema che prevedeva che “i diritti derivanti alla banca dalla fideiussione restano integri fino a totale estinzione di ogni suo credito verso il debitore, senza che essa sia tenuta ad escutere il debitore o il fideiussore medesimi o qualsiasi altro coobbligato o garante entro i tempi previsti, a seconda dei casi, dall’art. 1957 cod. civ., che si intende derogato”.
•L’art. 8 dello schema che sanciva l’insensibilità della garanzia prestata agli eventuali vizi del titolo in virtù del quale il debitore principale è tenuto nei confronti della banca, disponendo che “qualora le obbligazioni garantite siano dichiarate invalide, la fideiussione garantisce comunque l’obbligo del debitore di restituire le somme allo stesso erogate”.

Secondo la Cassazione l’illecito anticoncorrenziale “a monte” travolge tutti i negozi “a valle” conclusi successivamente alla commissione dell’illecito (e non al suo accertamento) che ne costituiscano applicazione e realizzazione dei profili di distorsione della concorrenza. Nel caso di specie l’illecito anticoncorrenziale rappresentato dalla decisione dell’ABI di prevedere alcune clausole anticoncorrenziali nello schema di fideiussione determina la nullità delle pattuizioni stipulate “a valle” in applicazione dell’intesa illecita conclusa “a monte”.

Le Competenze dello Studio


Contenzioso AGEA
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