Il Consiglio di Stato conferma in via definitiva l’esistenza del cartello del cemento
Il Consiglio di Stato ha rigettato, con sentenza del 29 novembre 2019 emessa nei confronti di Holcim, anche l’ultimo appello proposto dalle imprese cartelliste, accertando definitivamente l’intesa illecita incidente sul mercato del cemento tra il 2011 e il 2016 con dieci sentenze. Gli appelli delle imprese cartelliste sono stati così tutti rigettati, confermando l’esistenza del cartello, la conseguenziale restrizione della concorrenza da questo operata e la partecipazione ad esso di ognuna delle imprese oggetto dell’iniziale provvedimento dell’AGCM.
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Il Consiglio di Stato ha confermato in via definitiva l’esistenza del cartello del cemento posto in essere tra il 2011 e il 2016 dalle maggiori imprese produttrici di cemento italiane. L’organo di ultimo grado della giustizia amministrativa ha rigettato sul punto anche l’ultimo appello proposto dalle imprese cartelliste, ritenendo non meritevoli di accoglimento i motivi di gravame avanzati dalla Holcim con la recente sentenza del 29 novembre 2019 (sent. 08191/2019). Si è così confermata la medesima linea utilizzata precedentemente per riconoscere la partecipazione al cartello di Italcementi (sent. n. 7320/2018), di Buzzi Unicem (fusione di Cementeria di Monselice e di Cementizillo; sent. n. 06985/2019 e n. 06973/2019), di Cementir (sent. n. 01883/2019), di Sacchi (sent. n. 01160/2019), di Cementi Rossi (sent. n. 01551/2019), di Barbetti (sent. n. 08599/2019), di Cal.me (sent. n. 01900/2019) e di Cementi Moccia (sent. n. 06974/2019). In particolare, queste sentenze hanno accertando in via definitiva l’esistenza, nel periodo di riferimento, di un’intesa restrittiva della concorrenza, consistente nel coordinamento dei prezzi di vendita di cemento, vigilanza sul rispetto degli accordi illeciti, verifica sull’effettiva applicazione degli aumenti pattuiti, oltre ad un controllo sistematico dell’andamento delle relative quote di mercato.
I provvedimenti del Consiglio di stato hanno assunto fondamentale rilevanza perché hanno confermato quanto già evidenziato dall’AGCM, in relazione al dato fondamentale per il quale l’intesa illecita ha garantito alle imprese cementiste il raggiungimento di livelli di ricavi superiori a quelli ottenibili in un contesto concorrenziale, a danno degli acquirenti rappresentati dalle imprese operanti nel settore edilizio. Inevitabilmente, si è, così, confermato anche l’essersi verificato un concreto effetto distorsivo del mercato.
Inoltre, non sono state ritenute sussistenti le doglianze delle appellanti che lamentavano un’erronea motivazione del provvedimento oltre che la mancanza di prove dirette, tali da confermare la partecipazione delle stesse all’intesa illecita. Al contrario, tra le righe delle sentenze del Consiglio di Stato si è ampiamente confermato come le evidenze probatorie siano state non solo sostenute da numerosi riscontri, ma soprattutto che si è trattato di riscontri connessi ad una diffusa prassi operativa costante nel tempo, tale da confermare la presenza di un piano complesso comprendente il mercato del cemento nella sua globalità e generalmente conosciuto dalle imprese cartelliste, finalizzato alla realizzazione di una condotta anticoncorrenziale. In particolare, i giudici hanno confermato la presenza di prove dirette e concordanti, ravvisabili nel parallelismo delle condotte tenute da imprese operanti in un mercato oligopolistico, che potrebbe in sé esser lecito, se non fosse invece frutto di concertazione; e che può essere considerato come risultato di un’intesa anticoncorrenziale vietata alla stregua di indizi gravi, precisi e concordanti, rappresentati: da un elemento endogeno, quale la non plausibilità della condotta come effetto delle normali dinamiche di mercato; e da un elemento esogeno, quale la sussistenza di elementi di riscontro rivelatori della concertazione non consentita, ed in particolare l’accertata sussistenza di una serie di contatti e di scambi di informazioni fra le imprese concorrenti circa le proprie iniziative e strategie di mercato, nonché la condivisione di valutazioni che in un mercato concorrenziale ogni impresa terrebbe per sé.
Solo in singolari casi le decisioni hanno riconosciuto una riduzione della sanzione irrogata dall’AGCM, ma senza che ciò alteri la portata generale dei provvedimenti del Consiglio di Stato in relazione al definitivo riconoscimento dell’illecita condotta cartellista.